
Il pu’er che vi presento oggi nasce nel Guangdong ed è possibile prepararlo solo qui usando i famosi mandarini cresciuti a Xinhui (Chén Pí). Le foglie invecchiate di 2 / 3 anni di pu’er vengono inserite in questi piccoli e delicati mandarini e cotti entrambi. Poi vengono lasciati invecchiare ancora per almeno 6 mesi, seguiti con amore. Alla fine del processo la polpa del mandarino viene tolta e lo spazio vuoto viene riempito con altre foglie di tè.

Dietro una dicitura complessa si cela il segreto della giovinezza. Epigallocatechina gallato è il componente attivo del tè verde: aiuta a prevenire i danni dell’invecchiamento e contribuisce a farci vivere più sani.

Se si ha la pazienza di ricercare con calma la vera sostanza delle cose, si scopre che esiste una bevanda molto apprezzata in Giappone che porta con se la magia della nascita dell’illuminato: l’Amacha Buddha.
Uno degli aspetti più affascinanti del rito del tè è la storia che lega questa bevanda alle tradizioni quotidiane e ai riti di passaggio. Soprattutto nei paesi orientali dove ogni singolo gesto racchiude mille significati e dove una parola esprime un concetto, anche un semplice infuso può diventare poesia in considerazione del fatto che lo si può gustare solo in onore della nascita del Buddha.

Paese che vai tè che bevi. In Giappone si prepara una finissima spuma di giada, in Marocco si versa da un metro al di sopra del bicchiere, in Taiwan si beve con una grossa cannuccia, mentre nel Tibet ci si mette una noce di burro di yak… Beh, il tè ha mille volti, vediamone 13.

Dalla tavolozza dei mille colori, il tè di Kashmir ha scelto quello più originale: il rosa.

Lo sorseggiano nelle ore e nelle occasioni più svariate. Al mattino dopo un party un po’ troppo festaiolo; sul set tra una ripresa e l’altra; durante le interviste e nelle conferenze stampa.